Anno 2071, la profezia di Nikola Tesla si è avverata: il mondo non ha più bisogno di cavi o connessioni perchè è stata trovata una nuova dimensione, la quarta, denominata W, che rappresenta una fonte di energia inesauribile e utilizzabile grazie ad una serie di induttori chiamati coils. Esistono però soggetti pericolosi che vogliono sfruttare i coils non registrati per ottenere potere e denaro: Mabuchi Kyoma, un ex miliare vagamente neo-luddista con la passione per le auto a benzina, è un mercenario pagato per recuperare i coils illegali. La sua vita scorre tranquilla finchè una sera non si imbatte in un robot che ha le fattezze di una bellissima ragazza…

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Sono passati molti, troppi anni da quando il Giappone venne sconvolto dall’arrivo di Cowboy Bebop, una serie diventata nel corso degli anni prima cult e poi giustamente riconosciuta come pietra miliare dell’animazione giapponese. Pochi sono stati gli epigoni che hanno cercato di imitare e/o replicare il successo del capolavoro di Shin’ichirō Watanabe, graziato da uno script perfetto e dalla colonna sonora “totale” di Yōko Kanno, che mescolava meravigliosamente fantascienza e noir. Impossibile del resto trovare sostituti adeguati per quei personaggi così carismatici: Spike Spiegel, Jet Black, Faye Valentine, Ed ed Ein stanno lì, su un piedistallo posto ad un’altezza irraggiungibile.

Però.

Dimension W , serie di 12 episodi iniziata a gennaio e terminata da qualche giorno ( tratta dal manga scritto e disegnato da Yūji Iwahara), parte in sordina per poi ingranare la marcia giusta e procedere su binari che la avvicinano molto a Cowboy Bepop. Siamo sempre su un altro pianeta, chiaro, ma anche Dimension W ha le sue carte da giocare.

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Realizzazione tecnica sopraffina, plot interessante, narrazione spedita, fondali pazzeschi, personaggi di spessore: ecco alcuni dei pilastri che reggono Dimension W e lo elevano un bel po’ sopra la media degli anime recenti. Finalmente un’ambientazione sci-fi non viene contaminata da elementi fantasy e si mantiene “coerente” dal primo all’ultimo episodio che arriva fin troppo presto, viste le numerose (troppo numerose, a ben vedere) sottotrame che la serie propone puntata dopo puntata.

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All’inizio della serie si potrebbe erroneamente essere indotti a credere che l’elemento forte della storia sia il rapporto tra Kyouma e Mira, ma dopo pochi episodi nell’intreccio vengono aggiunti molti altri personaggi, tutti interessanti sia sotto il profilo della caratterizzazione che su quello prettamente narrativo (il mascherato “villain” Loser, l’ambiguo ex commilitone Albert Schuman, il bizzarro gruppo di cacciatori di “coils”, i fratelli Salva e Loo).

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Anche i piani narrativi si sdoppiano, con flashback che raccontano il turbolento passato di Kyouma e gli eventi del presente (complotti, trame action, riflessioni filosofiche) che si sovrappongono, rendendo ogni episodio un’esperienza intensa e memorabile. Il ritmo veloce, le animazioni perfette, le citazioni continue agli anni ’90,  periodo in cui sembrava che ogni anime giapponese dovesse raccontare una storia con elementi cyberpunk sci-fi, contribuiscono alla riuscita di un’opera che quasi mai cede alle lusinghe del fanservice.

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Kyouma poi è uno dei migliori lead character visti in giro da parecchio tempo a questa parte. Nonostante non sia particolarmente innovativa (ha un caratteraccio ma in fondo è buono, è straziato dai ricordi di una tragedia occorsagli nel passato, nasconde molti segreti) la sua caratterizzazione è molto convincente: un neoluddista asociale che ama le macchine a benzina che si trova suo malgrado circondato da robot senzienti e tecnologia: come non amarlo?

Ennesima chicca di una stagione invernale memorabile per gli anime nipponici, in Italia Dimension W (come Erased, del resto)  è stato trasmesso in streaming dalla Dynit, in contemporanea col Giappone, su VVVVID.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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